Shining

Titolo: Shining
Autore: Stephen King
Pagine: 560
Formato: copertina flessibile
Casa editrice: Bompiani
So che quasi il 98% della popolazione mondiale conosce questo libro — e se non il libro, almeno il celebre film di Stanley Kubrick. Ma oggi voglio comunque parlare di Shining, il romanzo originale scritto da Stephen King, perché anche se la storia è diventata iconica , vale sempre la pena tornare alle origini. E per chi invece non ne sapesse nulla... tranquilli, cercherò, almeno nella trama, di non spoilerare troppo.

La trama (senza rivelare troppo)

Jack Torrance è uno scrittore in crisi e con un passato complicato. Quando gli viene offerto un lavoro come custode invernale dell'Overlook Hotel, un gigantesco albergo sperduto tra le montagne del Colorado, lo vede come l'occasione perfetta per ricominciare. Con lui si trasferiscono la moglie Wendy e il figlio Danny, un bambino molto speciale che possiede un dono raro: la "luccicanza", una forma di percezione extrasensoriale che gli permette di vedere cose che altri non vedono, e di percepire le mozioni altrui in modo viscerale.


L'Overlook, però, non è un semplice hotel. Le sue stanze conservano segreti oscuri, e presto l'isolamento e le forze inquietanti che abitano il luogo iniziano a fare pressione sulla mente già fragile di Jack. La tensione cresce, lentamente ma in modo inesorabile, fino a trasformarsi in terrore puro.

Un horror psicologico, più che sovrannaturale
Una delle cose che ho apprezzato di Shining è la sua capacità di creare inquietudine senza dover per forza "mostrare" troppo. King è abilissimo nel costruire un senso costante di disagio, lavorando sul deterioramento psicologico dei personaggi — in particolare di Jack — più che sull'elemento sovrannaturale in sé, Il vero orrore, spesso, non viene dai fantasmi... ma dalla mente umana.
Danny: un protagonista silenzioso ma potentissimo
Anche se è solo un bambino, Danny è forse il personaggio più profondo del libro. Il modo in cui vive le sue visioni e percepisce le tensioni familiari è toccante e, a tratti, straziante. È attraverso i suoi occhi che vediamo davvero la dimensione "spirituale" dell'hotel, ed è grazie a lui che riusciamo a cogliere le vere minacce nascoste dietro le mura dell'Overlook.
Wendy, nel romanzo, è un personaggio molto più sfaccettato di quanto il film di Kubrick lasci intendere. Non è solo la "moglie spaventata" che cerca di proteggere il figlio— è anche una donna che lotta ogni giorno con il peso di un matrimonio complicato, con i fantasmi del passato di Jack, e con la paura di vedere la sua famiglia crollare sotto i suoi occhi.
Stephen King ci mostra i suoi pensieri, le sue insicurezze, ma anche la sua incredibile forza. Nel momento in cui tutto inizia a precipitare, è Wendy a tenere in piedi ciò che resta. La sua resilienza è silenziosa, ma potentissima. È una figura coraggiosa con un forte istinto materno, che combatte con quello che ha, senza mai smettere di proteggere Danny, anche quando sembra impossibile farlo.
Jack: un uomo in bilico tra redenzione e dannazione
Jack Torrance è forse il personaggio più tragico del romanzo. Ex insegnante, aspirante scrittore e padre tormentato, è un uomo che cerca disperatamente una seconda possibilità — con la sua carriera, con la sua famiglia, con se stesso. Ma i suoi demoni interiori, uniti all'influenza maligna dell’Overlook Hotel, lo trascinano lentamente verso il baratro.
Stephen King ci permette di entrare nella mente di Jack, di assistere alla sua lotta interiore tra amore e rabbia, lucidità e follia. La sua fragilità è reale, dolorosa, e lo rende un personaggio complesso: non è un mostro fin dall'inizio, ma un uomo che si spezza pezzo dopo pezzo.
Nel romanzo, la sua trasformazione è lenta, angosciante e profondamente umana. È proprio questo che rende la sua caduta così devastante: non è solo un padre che diventa pericoloso, ma un essere umano che perde se stesso.

Lo stile di King

Il romanzo è scritto in uno stile fluido ma molto ricco, che rappresenta perfettamente uno dei tratti distintivi di Stephen King: la capacità di rendere ordinario l'inquietante e inquietare l'ordinario. King non ha fretta. Si prende tutto il tempo necessario che creare un'atmosfera con i fiocchi, scava nei pensieri più profondi dei personaggi per farci entrare nella loro quotidianità, fino a quando questa quotidianità inizia lentamente a sgretolarsi. Una delle sue armi più potenti è la narrazione in terza persona "ravvicinata": entriamo spesso nella testa dei protagonisti — soprattutto Jack, Danny e Wendy — e viviamo le loro paure, le loro fragilità, i loro ricordi, a volte anche le loro allucinazioni. Questo ci rende spettatori privilegiati ma anche prigionieri della loro psiche, cosa che aumenta decisamente il senso di claustrofobia e tensione. Il ritmo può sembrare lento all'inizio, ma è proprio quella lentezza, quella cura nei dettagli, che fa esplodere l'incubo con maggiore potenza quando arriva. Quando le cose iniziano a precipitare, ogni parola pesa, ogni scelta narrativa ha un suo specifico impatto emotivo. Non ci sono quasi mai "colpi di scena" gratuiti: l'orrore avanza in modo coerente, logico e inevitabile. E quando arriva... non si può più distogliere lo sguardo.

Un altro elemento importante dello stile di King è la sua abilità nel mescolare il sovrannaturale con la dimensione psicologica. In Shining non sai mai dove finisca la follia umana e dove inizi l'influenza maligna dell'hotel. Questo crea un'ambiguità che è molto più spaventosa di un semplice "mostro dietro la porta".

Il successo di un incubo perfetto
Quando Shining uscì nel 1977, fu un successo immediato. Era il terzo romanzo pubblicato da Stephen King, dopo Carrie e Le notti di Salem, ma fu quello che lo consacrò davvero come "re dell'horror". La critica lo accolse con entusiasmo e il pubblico ne fu subito catturato: milioni di copie vendute in pochi anni, ed è tuttora considerato uno dei suoi capolavori assoluti.
Il mix di tensione psicologica, sovrannaturale e realismo emotivo colpì nel segno, tanto che il libro è entrato rapidamente nell'immaginario collettivo. Ancora oggi, quasi 50 anni dopo, viene letto, studiato e analizzato come uno dei migliori romanzi horror mai scritti.
Dal libro al film: Kubrick e una trasposizione ( molto) discussa.
Nel 1980, solo tre anni dopo l'uscita del libro, Shining arrivò anche sul grande schermo grazie a Stanley Kubrick. Il film, con un indimenticabile Jack Nicholson nel ruolo di Jack Torrance. È diventato un'icona del cinema horror. Scene come "Here's Johnny!" o i corridoi infiniti dell'Overlook Hotel sono entrati nella storia. Ma non tutti furono entusiasti. Anzi. Lo stesso Stephen King criticò duramente la trasposizione: secondo lui, il film di Kubrick tradiva lo spirito del libro. In particolare, non gli piacque l'interpretazione di Jack ( già folle fin dall'inizio, a suo dire), né il modo in cui Wendy venne rappresentata (più debole e meno sfumata rispetto al romanzo). Il film è molto più freddo, quasi stilizzato, mentre il libro è caldo, emotivo e profondamente umano.
Eppure, paradossalmente, film e libro sono entrambi diventati cult, ognuno a modo suo. Il primo è un capolavoro di tensione visiva e regia; il secondo, un viaggio disturbante nella psiche umana e nelle forze oscure dell'inconscio.

Libro vs Film: due Shining diversi, entrambi iconici

ATTENZIONE SPOILER!

Non si può parlare di Shining senza pensare al celebre film di Stanley Kubrick del 1980. È praticamente impossibile separare l'immagine dell'Overloock Hotel dal volto di Jack Nicholson, o dalla macchina da scrivere, dal triciclo nei corridoi o dalla porta spaccata con l'ascia. Ma se avete letto il libro, sapete già che il Shining di Stephen King e quello di Kubrick sono, in realtà, due opere molto diverse.

Il tono emotivo

Il romanzo di King è molto più umano. Ci mostra una famiglia fragile, con problemi reali, fatta di persone che cercano in qualche modo di salvarsi. Jack, pur con tutti i suoi difetti, parte come un uomo che vuole davvero cambiare, ricominciare, guarire. Il male che cresce dentro di lui è progressivo, doloroso, quasi inevitabile. E questo rende la sua discesa nella follia ancora più tragica. Nel film, invece, Jack sembra già instabile fin dall'inizio. C'è una freddezza di fondo, quasi glaciale, che accompagna tutto il film. Kubrick ci mostra un mondo gelido, spersonalizzato, quasi astratto. L'orrore arriva prima di conoscere davvero i personaggi, e questo cambia completamente l'impatto emotivo della storia.


Un'altra differenza importante è il personaggio di Wendy. Nel libro è forte, determinata, sempre in lotta per proteggere suo figlio. Nel film è molto più passiva spaventata, quasi sopraffatta fin dall'inizio. Anche qui, Kubrick fa una scelta precisa: invece di raccontare una famiglia che si sgretola lentamente, ci mostra una famiglia che sembra già sul punto di rompersi.

E poi c'è una differenza "verde" ma non da poco: il celebre labirinto di siepi. Nel film diventa un simbolo potentissimo, una prigione mentale e fisica, un luogo in cui ci si perde e si impazzisce. Ma nel libro il labirinto non esiste. Al suo posto ci sono delle enormi aiuole scolpite a forma di animali — leoni, cani, conigli. Sembra una curiosità da giardino, ma sono tra gli elementi più sinistri del romanzo: non si muovono finché li guardi... ma quando ti volti? Una trovata inquietante, sottilissima, tipica di King. Kunrick probabilmente, li ha eliminati perché all'epoca sarebbe stato difficile renderli credibili sullo schermo, ma in questo modo ha anche cambiato il messaggio: Il film è un labirinto gelido, il libro una trappola viva e pulsante.

E infine c'è l'elemento sovrannaturale: nel romanzo è molto più esplicito. L'hotel ha una vera e propria presenza, quasi come un'entità maligna che manipola chi ci vive dentro. Nel film, invece, tutto resta più ambiguo: è follia? È il luogo? È suggestione? Kubrick lascia molte domande senza risposta, e questo contribuisce al suo fascino, ma cambia radicalmente il messaggii. Insomma, libro e film raccontano la stessa storia... ma in due lingue completamente diverse. Il primo ti spezza il cuore. Il secondo ti congela il sangue.

Conclusione. Perché leggere o rileggere Shining

Shining non è solo un romanzo horror. È un viaggio dentro la mente umana, dentro i legami familiari, dentro l'oscurità che ognuno di noi può nascondere sotto la superficie. Stephen King riesce a raccontare l'orrore con un tocco profondamente umano, e forse è proprio questo che lo rende così potente: non ci fa solo paura, ci fa pensare, ci fa sentire.

Personalmente, ho trovato la lettura intensa, a tratti disturbante, ma mai in modo gratuito. I momenti di terrore non arrivano mai per shock, ma perché tutto è costruito lentamente, pagina dopo pagina, fino a esplodere in un crescendo angosciante. Mi ha colpito la fragilità dei personaggi, soprattutto di Jack e di Wendy, e la forza silenziosa di Danny. E mi ha fatto riflettere su quanto l'ambiente, fisico e emotivo, possa influenzare ( e corrompere) le persone.

Devo ammettere che ho letto il libro solo quest'anno, nonostante conoscessi da tempo il film, che all'epoca mi era piaciuto molto. Ma è stato solo leggendo il romanzo che ho davvero compreso il senso profondo della storia — e anche il perché delle critiche mosse dallo stesso King al film di Kubrick. Ora posso dire che, per quanto il film sua un grande capolavoro del cinema, il libro è molto, ma molto più intenso. Più emotivo, più ricco, più coinvolgente. Dove il film affascina, il libro sconvolge.

Se avete visto solo il film, vi consiglio di leggere il libro: è un'esperienza molto diversa, molto più intima. Se invece non conoscete né l'uno né l'altro...bé, forse è arrivato il momento di entrare anche voi all'Overlook Hotel Ma attenzione: non è detto che ne uscire come siete entrati.








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