Bring Her Back

Bring Her Back — Torna da me ( 2025)
Regia: Danny e Michael Philippou
Cast principale:
-Billy Barratt nel ruolo di Andy
-Sora Wong è Piper
- Sally Hawkins interpreta Laura
-Woody Norman è Oliver
Dopo il successo disturbante di Talk to Me, i fratelli Philippou tornano con un horror psicologico che scava nelle dinamiche familiari, nel trauma e nell'ossessione. Bring Her Back non è solo un film da brividi: è un viaggio emotivo che mescola dolore, speranza e terrore in un crescendo claustrofobico.
Trama
Andy e Piper sono fratello e sorella, uniti da un legame profondo e protettivo. Dopo la morte del padre, vengono affidati a Laura, una donna che ha perso sua figlia e ora ospita bambini in difficoltà. Infatti, nella casa vive già un altro bambino Oliver. Silenzioso, ambiguo e davvero inquietante. Piper è cieca — o forse ipovedente, il film non lo chiarisce del tutto — ma la sua condizione non la rende fragile: è intuitiva, sensibile e spesso sembra percepire ciò che sfugge agli altri. La casa di Laura è silenziosa, quasi troppo. Ogni stanza sembra custodire un segreto, ogni gesto della donna è carico di un'intenzione ambigua. Andy, inizialmente grato per l'accoglienza, inizia presto a percepire che qualcosa non va. Ma ciò che scoprirà metterà in discussione il confine tra amore e ossessione, tra protezione e prigionia. 

Bring Her Back non è un horror che urla: è un sussurro inquietante che si insinua lentamente sotto pelle. L'atmosfera è ovattata, quasi sospesa, come se il tempo nella casa di Laura scorresse in modo diverso. I colori freddi, la luce filtrata dalle tende, i suoni ovattati — tutto contribuisce a creare un senso di spaesamento e vulnerabilità. Non c'è mai un momento in cui ci si senta davvero al sicuro. La tensione non nasce solo da ciò che si vede, ma da ciò che si intuisce. Lo spettatore è costantemente invitato a leggere tra le righe, a cogliere i dettagli che sfuggono ai protagonisti. È un film che chiede attenzione, che premia la sensibilità più che la resistenza al terrore. Emotivamente, il film colpisce per la sua ambiguità: ci si sente divisi tra empatia e disagio, tra desiderio di protezione e sospetto. Il rapporto tra Andy e Piper è il faro che guida lo spettatore in questo labirinto emotivo. La loro dolcezza, il modo in cui si cercano e si sostengono, diventa un punto di riferimento. Alla fine Bring Her Back lascia un senso di inquietudine che non svanisce con i titoli di coda. 

Una delle cose che ho apprezzato di più in Bring Her Beck è che non dice mai chiaramente cosa devi pensare. Non ti mette in mano una morale facile, né ti costringe a scegliere da che parte stare. Preferisce suggerire, insinuare, lasciare che certe verità emergano lentamente e spesso in modo scomodo. Il film parla di dolore, sì, ma soprattutto di come il dolore possa deformare l'amore. C'è una linea sottile tra voler proteggere qualcuno, amarlo e volerlo trattenere. E questa linea, nel film, si confonde. Quello che nasce come gesto d'affetto può trasformarsi in una gabbia e non sempre chi la costruisce se ne rende conto.
Interessante anche il modo in cui il film lavora sulla percezione: Piper non vede, ma spesso è quella che "sente" di più. C'è un gioco continuo tra luce e ombra, tra vedere e non vedere, che sembra riflettere anche lo stato mentale dei personaggi. È come se la verità fosse sempre lì, sotto gli occhi di tutti, ma difficile da guardare in faccia. E poi c'è la casa. Non è solo lo sfondo della storia, ma quasi un personaggio a sé: viva, silenziosa, piena di angoli che non sembrano mai del tutto sicuri. Anche lì, c'è un messaggio sottile: ciò che dovrebbe accogliere può anche imprigionare. A volte il pericolo non arriva da fuori, ma da dentro le pareti. Alla fine, più che spaventare con mostri o fantasmi, Bring Her Back ti lascia addosso una domanda: fino a che punto siamo disposti a spingerci per non perdere chi amiamo? E quando, in nome dell'amore, rischiamo di smarrire noi stessi?
Perché guardarlo?
Bring Her Back è un film che ti prende alla gola, ma non lo fa soltanto con urla o sangue: lo fa con sguardi, silenzi, e quella tensione sottile che ti accompagna anche dopo la visione. È inquietante, sì, ma è anche profondamente umano. Lo consiglio perché dietro l'atmosfera disturbante si nascondono verità ancora più spaventose. Verità che riguardano le persone, le relazioni, le ferite che non guariscono. I personaggi non sono semplici pedine in una storia horror — sono anime spezzate, ognuna con il proprio segreto, con la propria ombra. E quando quelle verità vengono a galla, non c'è più spazio per il conforto. Guardarlo significa accettare di entrare in una casa dove nulla è come sembra. Ma significa anche assistere a un legame fraterno che resiste all'oscurità, che diventa luce in mezzo al buio. Se amate i film che vi lasciano qualcosa dentro — un pensiero, un dubbio, una ferita— Bring Her Back merita il vostro tempo.






 

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