La catastrofica visita allo zoo
Titolo:
La catastrofica visita allo zoo
Autore: Joël Dicker
Pagine: 269
Formato: Copertina flessibile
Casa editrice: La nave di Teseo
Autore: Joël Dicker
Pagine: 269
Formato: Copertina flessibile
Casa editrice: La nave di Teseo
Trama
La catastrofica visita allo zoo si apre con un evento enigmatico: una classe di bambini in gita allo zoo alla vigilia di Natale. Tra lor c'è Joséphine, una bambina di otto anni, curiosa, sensibile e molto più attenta di quanto gli adulti credano. Quella che doveva essere una giornata di festa si trasforma in un evento traumatico, una "catastrofe" che segnerà profondamente tutti i presenti. Anni dopo Joséphine, decide di raccontare la sua versione dei fatti. Ma il suo racconto non è solo una cronaca: è un viaggio nella memoria, nella percezione infantile, e nel modo in cui gli adulti costruiscono ( o distorcono) la realtà.
La catastrofica visita allo zoo si apre con un evento enigmatico: una classe di bambini in gita allo zoo alla vigilia di Natale. Tra lor c'è Joséphine, una bambina di otto anni, curiosa, sensibile e molto più attenta di quanto gli adulti credano. Quella che doveva essere una giornata di festa si trasforma in un evento traumatico, una "catastrofe" che segnerà profondamente tutti i presenti. Anni dopo Joséphine, decide di raccontare la sua versione dei fatti. Ma il suo racconto non è solo una cronaca: è un viaggio nella memoria, nella percezione infantile, e nel modo in cui gli adulti costruiscono ( o distorcono) la realtà.
Il
libro si muove tra presente e passato, tra il punto di vista dei
bambini e quello degli adulti, con una narrazione che sembra semplice
ma è piena di sottointesi. Dicker gioca con il tono della fiaba per
parlare di temi molto seri: il potere, la giustizia, la verità e il
ruolo dell'educazione.
Ci
sono libri che ti sorprendono non tanto per la trama, ma per il modo
in cui scelgono di raccontarla. La
catastrofica visita allo zoo è uno di quei
libri. Joël
Dicker, che siamo abituati a leggere in
veste di narratore di thriller intricati e storie dai mille intrecci,
qui cambia registro. E lo fa con coraggio. La voce narrante è quella
di Joséphine, una bambina di otto anni che ci accompagna in una gita
scolastica allo zoo. Ma attenzione: non è una semplice cronaca
infantile. Joséphine ci parla da adulta, scegliendo di tornare a
quel giorno di tanti anni prima per raccontarlo con gli occhi di
allora. Il risultato è ironico, a tratti tenero — eppure
profondamente inquietante. Lo stile è volutamente semplice, quasi
fiabesco. Frasi brevi, ripetizioni che sembrano ingenue ma che in
realtà sottolineano l'assurdità del mondo adulto. I personaggi:
insegnanti, genitori, animali, diventano maschere grottesche, specchi
deformati di una società che non sa più ascoltare i bambini, né se
stessa. Dicker gioca con l'ironia, ma non per farci ridere. Piuttosto
per farci riflettere. Lo zoo diventa metafora: gabbie visibili e
invisibili, animali che osservano gli umani, adulti che si comportano
peggio dei bambini. E in mezzo a tutto questo, Joséphine cerca di
capire, di dare un senso, raccontando la sua verità.
Opinione
personale
Devo ammettere che questa lettura mi ha sorpresa. Conoscevo l'autore per i suoi romanzi più lunghi, costruiti come puzzle narrativi, pieni di misteri e colpi di scena. Qui invece ho trovato qualcosa di completamente diverso. Non solo per la trama — più breve, più surreale, più simbolica — ma anche per lo stile. È come se Dicker avesse deciso di spogliarsi di ogni artificio e parlare con una voce più diretta. Eppure, proprio in questa semplicità c'è una forza nuova. La storia non si affida a grandi rivelazioni, ma a piccoli dettagli che fanno riflettere. Il tono fiabesco, la voce bambina, la costruzione quasi teatrale dei personaggi... tutto contribuisce a creare un'atmosfera che non avevo mai trovato nei suoi libri precedenti. È stato come leggere un autore che conoscevo, ma sotto una luce diversa. E questa diversità mi ha fatto bene. Mi ha ricordato che anche gli scrittori possono cambiare pelle, sperimentare, sorprendere. E che, a volte, proprio quando si allontanano dai loro lavori abituali, riescono a toccarci più profondamente.
Devo ammettere che questa lettura mi ha sorpresa. Conoscevo l'autore per i suoi romanzi più lunghi, costruiti come puzzle narrativi, pieni di misteri e colpi di scena. Qui invece ho trovato qualcosa di completamente diverso. Non solo per la trama — più breve, più surreale, più simbolica — ma anche per lo stile. È come se Dicker avesse deciso di spogliarsi di ogni artificio e parlare con una voce più diretta. Eppure, proprio in questa semplicità c'è una forza nuova. La storia non si affida a grandi rivelazioni, ma a piccoli dettagli che fanno riflettere. Il tono fiabesco, la voce bambina, la costruzione quasi teatrale dei personaggi... tutto contribuisce a creare un'atmosfera che non avevo mai trovato nei suoi libri precedenti. È stato come leggere un autore che conoscevo, ma sotto una luce diversa. E questa diversità mi ha fatto bene. Mi ha ricordato che anche gli scrittori possono cambiare pelle, sperimentare, sorprendere. E che, a volte, proprio quando si allontanano dai loro lavori abituali, riescono a toccarci più profondamente.
Note dell'autore
Joël Dicker, è nato a Ginevra nel 1985. Ha pubblicato La verità sul caso Harry Quebert (2013, tradotto in 35 paesi). Gli ultimi giorni dei nostri padri (2015). Il libro dei Baltimore (2016) e La scomparsa di Stephanie Mailer (2018). L'enigma della camera 622 (2020). Il caso Alaska Sanders (2022). Un animale selvaggio (2024).Ha ricevuto il Prix des écrivains genevois 2010, il grnad Prix du roman de l'académie Française 2012 e il Prix des Iycéens 2012.
Libri
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