Death of a Unicorn

 

Death of a Unicorn è un film del 2025, scritto e diretto da Alex Scharfman. Una commedia nera surreale che mescola fantasy e horror in modo davvero originale. I protagonisti sono Paul Rudd e Jenna Ortega, nei ruoli di Elliot e Ridley Kintner, padre e figlia coinvolti in un weekend molto particolare nella tenuta del capo di Elliot. La svolta arriva quando investono accidentalmente un puledro di unicorno: da lì in poi, visioni cosmiche, poteri curativi e tensioni familiari si intrecciano in una trama decisamente fuori dal comune.

Ho deciso di guardare questo film spinta dalla curiosità (e dalla presenza di Jenna Ortega e Paul Rudd), ma non mi aspettavo di trovarmi davanti a un’opera così audace, visivamente magnetica e... decisamente fuori dagli schemi.

La storia prende il via con un evento tanto assurdo quanto simbolico: un unicorno viene investito da un’auto. Alla guida c’è Elliot, insieme a sua figlia Ridley, diretti alla villa del ricco capo di Elliot, proprietario di una potente azienda farmaceutica. In ritardo e senza sapere bene come reagire, caricano la creatura ferita in macchina e proseguono il viaggio come se nulla fosse. Il weekend si trasforma presto in un incubo surreale, fatto di dialoghi taglienti, situazioni grottesche, tensioni familiari e ambiguità morali. Ma soprattutto, in un crescendo di inquietudine.
Il film non si limita a raccontare una storia: la destruttura, la contamina, la rende quasi un esperimento. Ed è proprio questo che funziona.

Sotto la superficie surreale, Death of a Unicorn affronta temi profondi con una lucidità sorprendente. L’unicorno, creatura mitologica per eccellenza, diventa simbolo di purezza violata, di un mondo naturale sfruttato e manipolato per interessi economici. La compagnia farmaceutica che vuole studiarne i poteri curativi — derivati dal sangue — rappresenta la corsa al profitto, anche a costo di sacrificare ciò che è sacro o inspiegabile.

Il film parla anche di famiglia: il rapporto tra Ridley ed Elliot è al centro della narrazione, fatto di incomprensioni, affetto trattenuto, e una continua ricerca di connessione che si scontra con il caos esterno. In mezzo a tutto questo, emerge una domanda semplice e universale: quanto siamo disposti a perdere per ciò in cui crediamo?

Infine, c’è anche un sottile strato di spiritualità e trascendenza: l’unicorno non è solo una creatura fantastica, ma un portale verso qualcosa di più grande, forse persino divino. E il film ci invita a riflettere su cosa succede quando l’uomo cerca di controllare l’incontrollabile.

Death of a Unicorn ha fatto parlare di sé fin dal primo trailer. Alcuni spettatori lo hanno definito "una ventata d’aria fresca", altri sono rimasti spiazzati dalla sua natura eccentrica e volutamente provocatoria. È uno di quei film che si ama o si odia — e questo può essere un’arma a doppio taglio.
Molti hanno apprezzato la scelta coraggiosa di mescolare generi all’apparenza inconciliabili: fantasy, horror, commedia nera. Il risultato? Un’esperienza visiva che non lascia indifferenti.
Jenna Ortega è stata lodata per la sua intensità e per la capacità di rendere credibile un personaggio immerso in un contesto surreale. Paul Rudd, con il suo consueto carisma ironico, aggiunge una nota di umanità e sarcasmo che bilancia perfettamente l’atmosfera.
Certo, non sono mancate le critiche: alcuni hanno trovato la trama troppo caotica, quasi un esercizio di stile più che una narrazione coerente. Altri si sono chiesti se l’unicorno fosse solo un pretesto per stupire, o se dietro ci fosse davvero un messaggio più profondo. Ma anche chi è rimasto perplesso ha riconosciuto una cosa: Death of a Unicorn è un film che osa. E in un’epoca dominata da sequel e remake infiniti, osare è già un merito.

Conclusione

Death of a Unicorn non è un film per tutti, e forse non vuole nemmeno esserlo. È un’opera che sfida le aspettative, gioca con l’assurdo e costringe a guardare sotto la superficie. Tra creature mitologiche, tensioni familiari e critica al potere, Alex Scharfman costruisce un mondo tanto disturbante quanto affascinante.

Personalmente, l’ho trovato piacevole, stimolante, strano e persino commovente. Nonostante qualche sbavatura narrativa, ho apprezzato il coraggio di raccontare qualcosa di diverso, senza cercare il consenso facile. È uno di quei film che non ti fa gridare al capolavoro, ma che ti resta in testa.

Se amate il cinema che sperimenta, che provoca e che non teme di essere strano, Death of a Unicorn merita una visione. E magari anche una seconda.








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