You

You è una serie televisiva statunitense basata sui romanzi dell'autrice Caroline Kepnes. Si tratta di un thriller psicologico che ha debuttato su Netflix il 26 dicembre 2018 e ha conquistato l'attenzione del pubblico grazie al suo protagonista tanto affascinante quanto inquietante.

Il cast vanta diversi personaggi interessanti, ma al centro della scena c'è Joe Golberg, interpretato da Penn Badgley (sì, proprio lui il Dan Humphrey di Gossip Girl). La serie si compone di cinque stagioni, l'ultima delle quali si è conclusa nel 2025, con 10 episodi ciascuna.

La trama
Joe Golberg è un giovane direttore di una libreria a New York. Un giorno, mentre sta sistemando dei libri, intravede tra gli scaffali una cliente che non ha mai visto prima: Guinevere Beck. È bella, dolce, arguta e sogna di diventare una scrittrice. Basta un solo sguardo e Joe si infatua perdutamente di lei.

Fino a qui potrebbe sembrare una normale storia d'amore: un ragazzo incontra una ragazza (e no, non è la canzone dei The Kolors), scatta il colpo di fulmine... Ma Joe non è esattamente il ragazzo della porta accanto. Quando crede di aver trovato "quella giusta", inizia a sviluppare comportamenti ossessivi, da vero stalker, senza però mai farsi scoprire.

Usa i social network come strumenti di spionaggio e, purtroppo, non si ferma lì. Joe è disposto a tutto pur di conquistare (e proteggere) la donna che ama. E con "tutto", intendo proprio tutto — anche eliminare qualsiasi ostacolo, persone comprese, che secondo lui possono mettere a rischio la loro felicità. Il finale della prima stagione apre le porte a un'evoluzione narrativa che non voglio spoilerare, ma basti sapere che il modus operandi di Joe si ripete nelle stagioni successive, con nuove ambientazioni, nuovi volti e nuovi guai... sempre più inquietanti.

Questa serie, a mio avviso, tocca numerose tematiche. Ne citerò alcune per poi approfondire quella che mi ha personalmente fatto riflettere di più:

La sottile linea tra amore e ossessione.

You mette in discussione l'idea romantica del "fare di tutto per amore", mostrandoci quanto facilmente si possa scivolare nell'ossessione. Joe si racconta come un innamorato sfortunato, ma allo spettatore appare chiaro che i suoi gesti non sono romantici, bensì manipolatori e pericolosi. Questo fa riflettere su quanto sia importante riconoscere i segnali di una relazione tossica.

La critica alla società digitale e ai social media.

Joe usa i social come strumenti di sorveglianza. Ormai tutti condividiamo ogni aspetto delle nostre vite online, e lui ne approfitta per spiare, manipolare, addirittura anticipare le mosse, sia delle donne di cui si infatua, sia delle persone intorno a loro. La serie ci lancia un campanello d'allarme sull'eccessiva esposizione digitale e sulla falsa sensazione di sicurezza che abbiamo nel condividere tutto.

Nessuno è veramente innocente.

Nel corso delle stagioni, la serie introduce personaggi sempre più ambigui. Non esiste un "buono" puro: tutti hanno ombre, segreti, debolezze. Questo rende il mondo di You incredibilmente realistico e ci spinge a riconoscere la complessità dell'animo umano, pur non giustificando mai la violenza o il controllo. Joe Golberg è l'unico carnefice? A quanto pare no.

Il fascino del male.

You gioca anche con il fascino del cattivo. Joe è carismatico, colto, in apparenza gentile. Ma è anche un assassino. La serie ci spinge a chiederci: perché siamo attirati dai personaggi disturbanti, soprattutto quando sembrano "capirci" o avere buone intenzioni? La visione di questa serie è un'occasione per riflettere su come certi contenuti (e a volte la realtà) tendano a romanticizzare certe figure che invece dovrebbero farci paura. E, a proposito di questo punto, voglio collegarmi con quello che ha maggiormente colpito e fatto pensare.

Una delle cose più inquietanti — ma anche più affascinanti — di You è il modo in cui riesce a farci entrare nella mente del protagonista. La voce fuori campo di Joe ci accompagna ovunque, commenta tutto, ci racconta le sue intenzioni, le sue paure, i suoi pensieri più profondi. E il punto è proprio questo: dopo un po' quasi senza accorgercene, iniziamo a seguirlo, a capirlo, addirittura a fare il tifo per lui in certi momenti. Ma poi bam, la realtà ci colpisce in faccia: Joe è uno stalker, un manipolatore, e soprattutto... un assassino. La serie gioca proprio su questa ambiguità: ci fa sentire coinvolti, quasi complici, e poi ci costringe a fare i conti con la verità. È un'esperienza disturbante, che spinge lo spettatore a riflettere: quanto siamo influenzabili? Perché a volte ci sembra più facile empatizzare con un personaggio oscuro, solo perché è lui a raccontarci la storia?

Devo ammetterlo: la serie mi è piaciuta molto, soprattutto nelle prime due stagioni, che secondo me sono le più riuscite. Anche io, come tanti, sono caduta un po' nel "tranello" del fascino di Joe Golberg. All'inizio empatizzavo quasi più con lui che con le sue vittime — forse perché, come detto prima, la sua voce narrante riesce davvero a portarti nel suo mondo, a farti vedere le cose dal suo punto di vista. Andando avanti, però, qualcosa ha iniziato a scricchiolare. Non so se fosse perché la trama stava cominciando a dilungarsi, o se semplicemente una parte di me ha iniziato a vedere Joe per quello che è davvero: un personaggio profondamente disturbato, da cui tenersi ben lontani nella vita reale. Detto questo, ho comunque apprezzato la serie nel suo complesso: la trama è avvincente, la recitazione convincente (Penn Badgley è perfetto nel ruolo) e i personaggi secondari sono ben costruiti. La consiglio? Certamente. In particolare a chi ama le serie un po' disturbanti, ambigue e capaci di far riflettere sul confine tra amore e ossessione.













 

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